Diario – Messico 2018

29 ottobre 2018

Vorrei tanto essere all’interno dello stadio messicano a fare festa col dj, tequila e mezcal. Sarà una bella esperienza, seppur puzzi di americanata dalla testa ai piedi. Già che ci sono mi piace sottolineare il fatto che i due podi più belli del mondiale hanno un tricolore in comune.

Nazionalismi a parte, oggi la vera festa l’ha fatta chi sul podio non è arrivato. Cioè Luigi, pentacampione in appena dodici anni di carriera. Per farla breve, tra lui e Vettel le ultime stagioni hanno visto campioni soltanto: Raikkonen, Button e Rosberg. Luigino, invece, vanterà il fatto di aver vinto tutti i mondiali spingendo un Mercedes.

E’ doveroso spendere due parole in più sulla stagione di Lewis, intelligente sotto tutti i punti di vista. L’arma segreta di Hamilton è stata la fiducia concessa alla squadra, soprattutto in alcuni momenti di difficoltà comune. Il resto tutto manico suo.

Così come lo scorso anno, quindi, ha vinto Verstappen in quella che possiamo definire la pista RedBull. E’ stato bello vedere una qualifica con sei pretendenti, poi vinta da un Ricciardo cattivo, contento di aver fatto uno sgarbo a chi non ha voluto credere in lui. Peccato che Daniel si sia perso allo start e non sia stato in grado di reggere il confronto col compagno di squadra. Poi il destino è stato crudele nel levare all’australiano un podio sicuro.

Non so se Vettel sarebbe stato in grado di guadagnare la seconda piazza, ma gli austriaci hanno rischiato di fare una doppietta che in casa Ferrari in questo 2018 non si è vista, né probabilmente si vedrà. Sta anche in questi dati la chiave del mondiale, anzi dei mondiali, visto che recuperare 55 punti in due gran premi è una impresa molto ardua. La doppia sosta di Sebastian più che portare valore aggiunto ha rischiato di far perdere il secondo posto.

Un po’ anonima la gara dei finlandesi, costretti a lottare tra loro prima che gli pneumatici del team Mercedes crollassero per via di una usura ingiustificata, riaprendo scenari e polemiche sugli ormai famosi fori sui cerchi della casa a tre punte. Ma Ferrari (e RedBull) dov’erano quando c’era da far casino su queste cose?

Non mi è molto chiaro di come sia Ferrari che Mercedes abbiano perso la propria competitività all’improvviso, in momenti diversi della stagione. A Singapore ed in Russia Wolff & Co. sembravano imbattibili, oggi tutt’altro, con Bottas doppiato ed Hamilton a pochi secondi dal doppiaggio. Curioso.

Vince il premio migliore attore non protagonista: Charles Leclerc. Dispiace, invece, per Perez, vera anima della fiesta messicana. Che adesso se la spassa tra tequila e mezcal.

Ci leggiamo in Brasile!


Diario – Usa 2018

23 ottobre 2018

Se avete un giorno fortunato nella vita, segnatelo sul calendario perché potrebbe succedervi qualcosa di speciale. Raikkonen, evidentemente, questo giorno ce l’ha ed è il 21 ottobre. Undici anni fa vinse il campionato del mondo, ieri ha vinto quella che – forse – potrebbe risultare l’ultima vittoria della sua lunga carriera in F1, anche se gli mancheranno ancora due anni da trascorrere proprio su quella Sauber su cui debuttò nel 2001. Insomma, un finale da libro cuore.

Eppure il legame tra Kimi ed i tifosi ferraristi è abbastanza curioso. Quando non combina nulla gliene dicono di tutti i colori, poi quando vince, tutti lì con gli occhi a cuoricino. Stamani ho incontrato molte persone che con una certa allegria mi hanno detto: “hey, hai visto? Ha vinto Kimi!”. Con un sorrisone stampato tra le labra sicuramente piacevole. Piacevole perchè uno sport o un pilota che influisce sul tuo umore, nella buona o nella cattiva sorte, è sinonimo di coinvolgimento.

Il tifoso italiano ferrarista medio (di seguito “tifm”) è così passato dal celebrare allegramente Kimi, al criticare pesantemente Vettel per l’ennesimo errore. Ormai ho perso il conto anche io. Insomma, al tifm piace stare sul carro dei vincitori nella buona e nella cattiva sorte, nella salute e nella malattia. Dopo Hamilton, Bottas e Verstappen, Vettel ha battezzato anche Ricciardo completando l’opera per quest’anno. Possiamo definirlo un collezionista.

Scherzi a parte, è evidente che il tedesco sia in un tourbillon negativo da cui non riesce ad uscire. Vuoi perchè il mondiale è ormai andato a gambe all’aria, quindi i ruota o ruota a questo punto se li gioca tutti, vuoi perchè la foga nel recuperare gioca spesso brutti scherzi e limita la lucità. Ben vengano questi errori, ma alla perseverazione c’è un limite, che lui ha raggiunto e sorpassato. Bella poi la gara di Seb nel recuperare fino al quarto posto, ma il tedesco deve (ancora) imparare che per fare tre passi avanti a volte serve un passo indietro, come recita il ballo del pinguino, tanto di moda a fine anni ’90.

Il passo indietro – al fine di farne uno avanti domenica prossima – lo ha fatto così Lewis, tanto vicino nel sorpassare Verstappen nel finale. Serviva prendere qualche rischio in più che l’inglese ha voluto evitare, sperando solo in un errore di Max. C’è da dire che in casa Mercedes hanno provato una strategia a due stop davvero senza senso, perchè quando queste gomme le strapazzi va a finire che si sgretolano. Ringrazia così Verstappen, autore di una gara monstre, intelligente e piena di ritmo, soprattutto sulle supersoft. Oltre alla bellissima tuta indossata dagli scudieri RedBull, le lattine blu avevano tanta prestazione e la differenza di motore non è sembrata così abissale come visto in altri circuiti. Peccato per Ricciardo, ormai nelle vesti di Calimero.

Domenica anonima e da servitù (di passaggio) per Bottas, il cui comportamento in pista è ormai totalmente gestito dal muretto. In una gara come questa, certe scene poco simpatiche allo sport potevano essere gestite meglio. Dal momento il cui Valtteri ha firmato il rinnovo con Mercedes il suo ruolo è cambiato notevolmente: da gregario a schiavo. Chissà se una volta liberato da vincoli di assistenza gli verrà concessa una chance di vittoria.

Torna il sorriso in casa Renault, che con il sesto e settimo posto di Hulkenberg e Sainz, fa un notevole passo avanti verso la conquista del quarto posto costruttori. Chiudo con un plauso a questo bellissimo circuito che – ancora una volta – ci ha fatto divertire fino all’ultima curva.

Ci leggiamo in Messico!


Diario – Giappone 2018

9 ottobre 2018

Nel gergo navale chi prende il sopravento, rispetto un’altra imbarcazione, guadagna una posizione di predominio a distanza. Chi sta sopravento ha Eolo dalla sua: fa quello che gli pare, toglie aria al diretto rivale che, in assenza di forza motrice, non ha destino diverso dalle palle di cannone, quindi dall’oblio.

Il mondiale 2018 ha visto la Mercedes guadagnare una chiarissima posizione di sopravento tra Singapore e Russia, prima che arrivassero le cannonate giapponesi a sancire definitivamente la fine di ogni velleità italo-tedesca. A Suzuka si è visto l’ennesimo dominio grigio, sia in qualifica che in gara. Hamilton ha svolto il ruolo di timoniere come meglio non si poteva, mentre al muretto Toto Wolff capitanava tutto il team verso la quarta doppietta stagionale.

Stando sottovento la Ferrari ha dovuto prendere dei rischi. Prima sabato, scommettendo sulle intermedie nella speranza di una pioggia mai arrivata. Poi alla domenica, con un Vettel aggressivo più che mai, finito frettolosamente sulla fiancata di un Verstappen in grado di mettere fuori gioco due Ferrari in pochi giri. Nel primo caso l’olandese è stato abbastanza sporco nei confronti di Raikkonen, nel secondo, invece, è stato vittima del troppo ottimismo di Vettel alla Spoon.

Si aggiunge così un altro errore alla stagione di Sebastian, anche se quando sei sottovento o ti butti o ti butti. Il tedesco dovrà fare tesoro di questi errori in ottica 2019.

Chi risale il vento a poco a poco sembra essere la RedBull, in palla in una pista che premia il motore, ma anche il telaio. Verstappen non ha mai mollato Bottas, seppur non sia mai stato in grado di attaccarlo. Ricciardo, invece, è risalito fino alla quarta posizione.

La gara degli altri l’ha vinta Perez che aggancia Magnussen ed Hulkenberg al settimo posto in classifica piloti. Peccato per Gasly, undicesimo, ad un passo da quello che sarebbe stato il primo punto della Honda a Suzuka nell’era delle power unit.


Diario – Russia 2018

1 ottobre 2018

Dopo la processione di Singapore abbiamo assistito al funerale Russo (anche se le usanze, generalmente, vogliono il contrario).

Sochi ha così confermato la superiorità del pacchetto Mercedes con la potenza ritrovata per sbattere dietro la Ferrari di Vettel allo start o per balzargli davanti dopo il primo ed unico cambio gomme.

Al resto ci ha pensato Toto Wolf, con Bottas pronto a cedere la vittoria al compagno di squadra, come aritmetica e logica vogliono in un mondo in cui vincere conta più della moralità. Certo, il muretto poteva gestire la situazione in un modo migliore, magari facendo pittare Lewis prima di Valtteri e la si chiudeva lì.

Completa il podio un arreso Vettel, impotente difronte all’allungo prestazionale dei rivali ed ormai conscio che questo mondiale, salvo allineamenti astrali, è diretto verso il Regno Unito. La Ferrari paga così il fatto di non aver capitalizzato quando doveva.

Ringraziamo così Verstappen per averci fatto divertire un po’, complice una RedBull che tra i muretti di Monaco, Singapore o Sochi, riesce sempre a far valere le doti telaistiche. Ricciardo non è stato brillante come il compagno di squadra, complice un contatto al via. Ciò non toglie che per gli austriaci è praticamente un nemico in casa.

A proposito di nemici, come non citare la bella la gara di Magnussen, pronto a fare a botte con tutti – anche andando oltre i limiti del regolamento – pur di portare a casa la pagnotta. Il danese non avrà tanti amici nel paddock, ma intanto si trova al settimo posto della classifica piloti.

L’unico in grado di sopravanzare la Haas numero 20 è stato Leclerc, ritrovato nelle prestazioni e nel carattere. Nei mesi a venire gliene servirà tanto.

Chiudete le valigie, ci leggiamo in Giappone.