Diario di pista – Giappone Suzuka 2023

Ventiquattro ore dopo la fine del Gran Premio di Singapore, mi trovo giá su un aereo in direzione Tokyo lontana 6h di volo. Investo parte del tempo nello scrivere il precedente diario di pista, prima di addormentarmi sul sedile, cosí da svegliarmi martedí mattina in suolo nipponico.
Spendo qualche giorno nell’ interessantissima capitale giapponese prima di trasferirmi a Nagoya dove faró base per il fine settimana. Nagoya é famosa per essere la cittá di Toyota, mentre a Suzuka – distante circa 60km – é presente una fabbrica Honda dal 1960 a pochi passi dal circuito. Come avete intuito mi toccherá pendolare ogni giorno, cosa che un appassionato fa volentieri, un occasionale meno. Per fortuna i treni giapponesi sono puntuali al minuto.

Venerdí mattina conto di essere in tracciato alle 11. Seguo le indicazioni degli organizzatori con treno fino a Shiroko e successiva navetta (a pagamento). C’é parecchia gente, aspetto in coda circa mezz’ora prima di salire sul bus. Non benissimo. Arrivato in circuito vado a ritirare i biglietti al botteghino. Mostro la ricevuta che avevo giá stampato, mentre un adetto segna il mio nome con evidenziatore tra gli elenchi dei parecipanti stampati in formato A3. In Giappone sulla digitalizzazione sono indietro, per scelta aggiungerei. Le libere 1 sono inziate da poco, sono in ritardo e di fretta mi dirigo verso la tribuna del triangolo casio, quella del famoso contatto tra Senna e Prost nel 1989. La vista é immensa: dalla chicane fino al traguardo, si vedono curva uno e curva due in lontananza, quindi la curva Nippo (ex Dunlop) in secondo piano. Stavolta il binocolo serve tantissimo. A fine sessione qualcuno bussa sulla mia spalla. Ricordate il giapponese di Singapore? É lui! Mi ha riconosciuto e mi é venuto a salutare. Si chiama Tasuku, vive a Suzuka e tifa ovviamente per Tsunoda.

A seguire percorro un tratto a bordo pista dalla chicane fino al ponte dove osservo la Porsche Carrera Cup. Sulla via del ritorno, la ruota panoramica é aperta al pubblico e senza pensarci troppo mi ritrovo giá dentro una cabina. Il giro dura 12 minuti, é gratis e si osserva gran parte del circuito dall’alto, vista drone per capirci. É giá ora delle libere 2, si puó andare ovunque, vado a piazzarmi alle curve S che per notizia sono in leggera salita. É risaputo che Suzuka sia un circuito meraviglioso, ma visto dal vivo é tutta un’altra cosa. C’é Vettel in loco, seguo la sua intervista nella fan zone nel post libere. Torno in cittá, la coda per la navetta é lunghissima, perdo quasi due ore, servizio bocciato. A Nagoya arrivo alle 21.30, i ristoranti sono in fase di chiusura, quindi opto per un Izakaya, sostanzialmente un bar con cucina.

Sabato ho giá pronto un piano B: treno fino a Ise-Wakamatsu ed altro treno fino ad Hiratacho, da lí a piedi 30minuti fino al circuito. Funziona. Per evitare attese in code inutili, anticipo il pranzo comprando una pizza fatta sul camion con forno a legna della Pizzeria Speranza da Compagno di Tsu (piccolo spazio pubblicitá!) che espone la certificazione numero 980 dell’associazione verace pizza napoletana. I giapponesi con la pizza non scherzano.

Mi avvio cosí in pellegrinaggio dal ponte in poi mentre girano le Formula 1: 110R, curvone Hairpin, 200R e la famosissima curva del cucchiaio dove mi fermo per l’ultimo quarto d’ora. Le pendenze sono meravigliose, le vetture le interpretano in maniera incantevole. A bordo pista si notano appassionati veri e non certo di primo pelo; gente che indossa merchandising di livello dal team Lotus Honda ai cappelli del famoso motore Mugen. A qualcuno ho anche fatto i complimenti. L’area West, cosí definita, é la piú romantica e rappresenta ancora quella F1 che purtroppo sta scomparendo. D’altronde storia e cultura motoristica non si possono comprare, con buona pace dei nuovi cittadini capitanati da Las Vegas. Completo il giro, poi mi dirigo alla Nippo dove seguo le qualifiche. Per caso mi imbatto negli altarini dedicati a Daijiro Kato e Jules Bianchi, ad entrambi dedico un momento di riflessione. Finite le qualifiche torno a Nagoya, dove mi concedo un giro nel quartiere Sakae.

Domenica c’é troppa gente, mi piazzo alla Nippo e mi godo l’evento. Max vola, Perez gioca agli autoscontri, le McLaren materializzano il doppio podio. A metá gara ho creduto che la strategia di Russell potesse concedergli qualcosa di piú, ma l’usura non ha perdonato. I giapponesi sono contenti perché Honda é ancora campione costruttori: hanno un nazionalismo invidibiabile. Poco dopo aprono i cancelli, entro in pista avvolto nella bandiera di Michael World Champion 2000. Percorro dalla Nippo fino al traguardo ricordando l’8 ottobre 2000 e riflettendo che senza accorgermene ho realizzato un piccolo sogno. Suzuka ha una magia tutta sua, tornerei giá domani. Finito il giro, dopo tre giorni eccezionali, non c’é modo migliore che lasciare la pista in pieno stile giapponese, con piccolo inchino ed una chiara esclamazione: Arigatō gozaimasu!

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